03/02/14

A.P. e la ricerca del tempo perduto




non intendo scrivere di ciò che io e te non faremo mai più assieme
scriverò piuttosto di ciò che io e te abbiamo fatto
di ciò che considero Dio
di ciò che insieme al sangue
scorre per sempre nelle mie vene
                              
                                        

stesse iniziali
stesso cap e stesso indirizzo
stessi colori
stessi occhi grigio-azzurro

tu dirai e smettila con questa storia non se ne può più
si
-qui abbiamo tutti gli occhi azzurri-
dobbiamo festeggiare
questo è il primo pezzo del blog che leggerai da chissà dove
e so che lo leggerai come sempre prima di tutti gli altri
di fissazioni del resto ne ho sempre avute parecchie
chi verrà al mio funerale? piangeranno? quanti saranno… che diranno?
tu mi prendi in giro
e tutt’ad un tratto
eccomi qua a me a piangere al tuo di funerale
che scherzo infame

non scholae sed vitae discimus
basta non lo voglio più sentire
l’ho capita bene la lezione
me l’hai ripetuto migliaia di volte
non c’era addirittura bisogno di morire

che scherzetto del cazzo
che m’hai fatto
prendi e senza un saluto
nel tuo stile
te la squagli di soppiatto
tu lì sdraiato e pallido
nel tuo vestito blu cobalto
il viso sereno
il sorriso beffardo
come ti permetti un simile azzardo?

m’hai fregato
m’hai tolto tutto
ti ho dimenticato
troppe chiacchiere
troppe siringhe
troppi lividi
troppo ossigeno indesiderato

tu non respiri
io litigo con tutti
tu dipendi da una bombola
io scrivo libri incido dischi suono in una bettola
tu silente
io un fiume di parole
tu mi daresti ogni cosa
io distratta non mi accorgo
che è ora di cambiare l’acqua alla rosa

non scholae sed vitae discimus
l’hai già detto migliaia di volte
vieni a dirmelo un’ultima volta in faccia
se c’hai il coraggio e se veramente c’è vita dopo la morte

non posso dormire
non mi lasci andare
sterminata la tua progenie
vorrei ancora una volta soltanto
poterti salutare

ma qui tu te ne freghi
e vivere è spietato
mi ritrovo qui dunque da sola
nella tua cucina
la cucina dove ti hanno sdraiato su un materasso malmesso
certo meno malmesso di te
(qui tu diresti: ecco….)
ho rubato la sveglia bianca
ricordi? l’allarme per i dolci da sfornare
prima ancora gioiello di tua madre
che dolore cane
se almeno fossi un po’ meno atea
adesso potrei pregare
pronunciare un mantra
dire frasi del tipo: ora finalmente starà bene
cercare la tua reincarnazione
mentire
invece eccomi qui
disperata
non trovo un nome per quel che mi capita
senza fiato
senza più te
e di spiegazioni più che mai avida

ma tu te ne freghi
mi lasci qui a litigare con tu fratello
mentre tu giaci qui a fianco già cullato dal sonno eterno
mi lasci qui
a sopportare persino il falsetto fuori luogo della nipote tua ormai straniera
a sentire frasi dell’orrore
-dio è giusto-
ad accendere candele per ricordarti che io sono qui
anche se non sempre ci sono stata
-la cera potrebbe colare
rimango di sasso
gli imbruttisco
accidenti
sento che la mano si sistema per organizzare uno schiaffo

non riesco a mettere il mio misero foglietto
nella tasca del tuo impeccabile completo
non riesco a pronunciare che parole senza senso
al capezzale del tuo mistero
ho solo un po’ di righe e un braccialetto staccato dal mio polso
vorrei poter allungare la mano e fare la mia mossa
ma la bara mi fa paura
sarà un miraggio
ma mi sembra che tu respiri ancora

tu io e la ricerca del maledetto tempo perduto
da una madeleine
inzuppata nel tea
parte il ricordo
gli odori e i sapori di quella cucina
per sempre forgiano le mie raffinate narici e le mie esigenti papille
per sempre nei ricordi di un’infanzia addolcita
da quella stessa cucina
regno tuo e di tua madre prima
proust uno sconosciuto
-ma come fai a leggere quel mattone?

sera dopo sera
tu mi avvolgi nella coperta dal disegno tigrato
io già dormo
è tardi
mi prendi in braccio e mi porti da un piano all’altro
ora io avvolgo te
ti avvolgo in un piumino su un sostegno severo
e tu già dormi
è tardi
troppo tardi
devo lasciarti andare al tuo asfissiante destino prematuro

un vecchio cammina di notte
parla e urla con lo sguardo implorante volto al cielo
non ha pace
non trova le sue lacrime
non vuole lasciarti andare
non prima di lui
gli sembra innaturale

chissà che vita hai fatto
nessuno lo saprà mai
calmo inquieto
aperto introverso
vivo morto
sereno incazzato
felice depresso

che nessuno osi però alzare la polvere
guardare sotto il letto
aprire i cassetti chiusi a chiave
indovinare la password del tuo pc
quel che ci era dato di sapere di te
sapremo
tutto il resto
è nascosto tra le pieghe dei tuoi fragili capelli color della cenere
sussurrato al vento
svelato ai miliardi di pixel delle foto hai fatto
raccontato da mille piatti fumanti
mascherato tra le schegge del tuo umorismo
sparso tra i tuoi equilibrati consigli
scritto nei tuoi silenzi









 (roma 3.2.2014)